Era una bella domenica fulgida di sole.
Ad un tratto ecco sopraggiungere una folta schiera
di giovani fascisti in camicia nera, con i manganelli e un nero gagliardetto con su trapunto il motto ‘me ne frego’, cantando, scomposti e violenti, canzoni d’assalto e lanciando minacce contro gli sloveni. Irruppero nel Trgovski dom: le quinte del teatro, i mobili del guardaroba, libri, fascicoli, suppellettili, tutto fu scagliato dalle finestre nel cortile. Il mucchio venne cosparso di benzina e incendiato.
Una grossa colonna di fumo nero si levò verso il cielo
terso. Attorno al rogo che ardeva guizzante i fascisti si misero a ballare,
sbraitando come diavoli neri.
Gli sloveni guardavano con un’ira repressa.
I pompieri, arrampicatisi con la loro lunga scala fino in alto sulla
facciata, rimossero la scritta ‘Trgovski dom’ e scarabocchiarono al suo posto, a lettere cubitali, ‘Viva l’Italia!’.