A partire dal XIII secolo e fino alla Rivoluzione francese, furono emanate le cosiddette “Leggi suntuarie”, un insieme di provvedimenti volti a limitare il lusso nell’abbigliamento, nelle concessioni dotali e in alcune occasioni sociali. Gli scopi dei legislatori erano tutt’altro che univoci perché i divieti erano rivolti ad entrambi i sessi, ma in realtà nel Medioevo le limitazioni erano imposte in maniera quasi esclusiva alle donne.
Sono le donne, infatti, a cadere sotto la lente dei legislatori, i divieti e le dosature comprendevano in particolare i copricapi, le calzature, le fatture e il materiale. I trasgressori venivano denunciati e dovevano pagare una multa.
La normativa poteva essere facilmente aggirata: chi denunciava spontaneamente il possesso di abiti contra legem, pagando un’apposita tassa poteva farli registrare, acquisendo di fatto il diritto di continuare ad indossarli. Si può notare che le leggi suntuarie non colpivano equamente tutti i ceti sociali: i ricchi, semplicemente pagando, potevano abbigliarsi a loro piacimento. Con le leggi suntuarie, le città si animarono di ufficiali armati di metro, che andavano in cerca di strascichi e maniche fuori misura, accessori e gioielli proibiti o che superavano il limite consentito, stoffe e pellicce vietate e persino colori fuori legge o destinati solo a determinate categorie.
(Yasmin Cescon, 3D)